Un po’ di storia
I primi segni della presenza cristiana a Lecco sono rintracciabili sul colle di Santo Stefano, come documentano reperti archeologici, dove sorgeva una chiesa dedicata al primo martire, caduta poi in abbandono.
Non si hanno notizie certe sulla fondazione della chiesa di San Nicolò nei pressi del lago, la dedicazione a questo santo è dovuta forse per via del suo essere venerato come protettore di naviganti, pescatori e commercianti, forse per essere stato al Concilio di Nicea il difensore della vera fede contro l’eresia di Ario portata dai longobardi anche nel territorio lecchese.
Pur non essendo improbabile una dedicazione a San Nicolò della chiesa altomedievale del borgo di Lecco cominciamo ad averne menzione certa tra la fine dell’XI e l’inizio del XII secolo quando probabilmente l’edificio viene ricostruito. Era una chiesa assai più piccola dell’attuale che proponeva il consueto schema architettonico romanico a tre navate, di cui la centrale più alta e soffittata con tavole lignee dipinte. Risale a fine Trecento l’ampliamento del transetto meridionale voluto dalla ricca famiglia Gazzari che porta alla formazione della cappella gentilizia dedicata a Sant’Antonio Abate (ora battistero), dove è ancora visibile un notevole ciclo pittorico sulla vita del Santo. Testimone dell’antica costruzione è anche il vecchio campaniletto, visibile a destra dell’ingresso laterale della Basilica verso via Mascari.
La chiesa patisce la sua posizione a ridosso delle mura e non doveva vivere di grande abbondanza dal momento che i lecchesi vennero a chiedere, e ottennero, l’intervento di Francesco Sforza, duca di Milano per urgenti restauri, necessari a causa di colpi di bombarda che avevano danneggiato il campanile, utilizzato come torre d’osservazione, e la stessa chiesa.
Divenuta sede pievana nel 1584 la costruzione subì trasformazioni significative a fine XVI secolo: dell’epoca è il magnifico fonte battesimale provvisto di ciborio ligneo a tempietto.
La chiesa come detto era divisa in tre navate da colonne, mentre sui lati si aprivano cappelle affidate a diverse confraternite.
Sono proprio le confraternite le protagoniste di questo periodo storico della vita della chiesa, con diverse attribuzioni e funzioni arricchiscono la vita del popolo e svolgono opera di formazione cristiana per gli aderenti. L’attuale Chiesa di Santa Marta un tempo era detta di San Calimero dato che ospitava una confraternita dedicata a tale santo.
Un evento particolarmente significativo è quello della domenica in Albis del 1624. Al termine delle predicazioni quaresimali tenute dal frate cappuccino Padre Mariano questi fece ai fedeli la proposta di incoronare la statua della Madonna del Rosario “acclamandola regina e imperatrice di Lecco”. L’incoronazione avvenne in un tripudio di popolo convenuto anche dai paesi limitrofi che portò poi in processione per le strade del borgo, parate a festa, la statua della Madonna ora conservata nella chiesa di santa Marta e vestita con gli abiti di una castellana spagnola.
Con l’abbattimento delle mura voluto da Giuseppe II (imperatore e duca di Milano), Lecco cominciò ad espandersi e ad entrare in un periodo di relativa prosperità. Si pose allora anche il problema di una chiesa più grande. Il compito fu affidato all’arch. Bovara che aveva già realizzato altri edifici di culto nel territorio e che presentò i primi progetti a partire dagli anni 1828/30; i lavori si protrassero per molti anni anche con significative modifiche dei progetti di partenza. Il cambiamento più rilevante fu l’abbandono dell’idea di realizzare il transetto che avrebbe dotato la chiesa di una pianta a croce greca. Nel 1853 vennero rimosse le antiche colonne e realizzata la grande volta a cassettoni. A partire dal 1857 si ingrandì la parte absidale con la realizzazione della cupola, del coro e post coro. A partire dal 1866 fu aggiunto l’atrio o vestibolo ad opera dell’ing. Stoppani che completò anche la facciata utilizzando un disegno lasciato dal Bovara. Nel 1886 venne allargato il sagrato e migliorata la scalinata che fu ulteriormente definita nel 1928.
Tra il 1960 e il 1969 furono effettuati (arch. Bianchi) lavori di adeguamento alle esigenze scaturite dal Concilio Vaticano II. In particolare venne realizzato il nuovo altare rivolto verso l’assemblea con la conseguente eliminazione della balaustra e del tempietto che sovrastava il vecchio altare; la pulitura della galleria e la cancellazione di figure in gesso alle pareti laterali sulle quali sono ora collocati due antichi stendardi. Negli anni Novanta del secolo scorso vennero infine realizzati lavori di consolidamento delle strutture e di completo restauro e pulizia degli affreschi e degli stucchi.
Visitiamo la basilica
Chi arriva alla Basilica salendo l’ampia scalinata che dal lago conduce al sagrato resta colpito dall’articolato gioco dei volumi dietro ai quali si staglia la sagoma ardita del campanile.
È questo, assieme alla cerchia dei monti “sorgenti dall’acque”, un segno identificativo della città di Lecco. La sua base è costituita da un torrione che apparteneva alla medievale cinta muraria, l’ampliamento Ottocentesco della Basilica ingloba al suo interno il vecchio campaniletto, si decise quindi di costruire una nuova struttura impiantandolo sopra questo antico torrione. Il progetto è dell’ing. Enrico Gattinoni. La costruzione, iniziata nel 1882, fu interrotta qualche anno dopo e portata a compimento dall’ing. Giovanni Cerutti (1842-1907) che tra il 1902 e il 1904 completò l’opera con l’erezione della cuspide. Il campanile raggiunge l’altezza di 96 metri.)
Sul frontone della facciata neoclassica si può leggere la dedica al santo patrono. Le porte sono state rifatte in bronzo nel 1975 ad opera dello scultore Enrico Manfrini (1917-2004) e donate dalla Banca Popolare di Lecco in memoria del suo presidente Mario Bellemo. La porta principale è detta della Misericordia. Qui sono rappresentate, attorno alle immagini sedute di Gesù e Maria, scene della vita di Cristo. Quella di sinistra è la porta dei Papi (Giovanni XXIII e Paolo VI), si possono osservare gli stemmi e le effigi dei due pontefici del Concilio Vaticano II. Quella di destra è dei Santi Patroni con le raffigurazioni di San Nicolò e Santo Stefano.
Entriamo e ci troviamo nell’ampio vestibolo da cui possiamo cogliere l’imponenza della navata che misura 80 metri per 30 di larghezza. Sulla destra il quadro del martirio di Pietro da Verona e la statua di San Pietro riproduzione di quella presente in Vaticano. A sinistra una pregevole vasca di epoca romanica databile all’inizio del XII secolo. Sopra di noi l’affresco del Trionfo di Cristo di Luigi Morgari (1857-1935). Cristo Re è assiso in trono, ai suoi piedi le rappresentazioni allegoriche dei cinque continenti. Nei pennacchi le Virtù teologali (Fede, Speranza, Carità) e la Chiesa. Sulla controfacciata la cantoria e l’organo (costruito nel 1860 ma collocato in quella posizione nel 1891).
Oltrepassato il vestibolo possiamo ammirare la struttura della chiesa. Due navate laterali che si interrompono circa a metà della navata principale non distolgono l’attenzione dalla centralità del presbiterio. Sulla destra le nicchie sono ora occupate dai confessionali della penitenzieria. A sinistra si succedono cappelle dedicate ai santi, a San Nicolò, al Crocifisso, alla Madonna del Rosario e a San Giuseppe.
A destra, superato l’ingresso laterale, è la cappella di San Carlo, qui si possono vedere le grandi pietre squadrate che costituiscono i resti del transetto meridionale della chiesa medievale e che delimitano i resti dell’antica cappella dedicata a sant’Antonio e dove ora è posizionato il fonte battesimale risalente al XVI secolo; qui i resti di affreschi di epoca viscontea rappresentano la vita del Santo.
Oltrepassata la cappella sulla destra si apre la porta dell’antica sacrestia (normalmente non visitabile) che accoglie un pregevole armadio seicentesco di legno scolpito.
Siamo ora davanti al presbiterio. Il nuovo altare è realizzato in un unico blocco di marmo di Carrara; sopra di noi, nella cupola, si trova l’altro grande affresco del Morgari che rappresenta la gloria del Rosario. La festa della Madonna del Rosario fu istituita da papa Pio V in ringraziamento per la vittoria nella battaglia di Lepanto contro i Turchi (1571) ottenuta grazie all’intercessione della Madonna. Nell’affresco la Madonna in trono appare a papa Pio V mentre dona il rosario a San Domenico, il Bambino fa lo stesso con Santa Caterina da Siena, gli angeli portano un arazzo raffigurante la battaglia. Nelle vele le rappresentazioni dei quattro evangelisti. (In questa basilica è da sempre presente una forte devozione al Rosario sostenuta per anni da un’importante confraternita che ha lasciato il segno della sua devozione nella ricca cappella barocca che ospita la statua della Madonna solennemente portata in processione la prima domenica di ottobre.)
Sempre del Morgari sono i due grandi affreschi alle pareti laterali: a destra il santo patrono Nicolò raffigurato mentre al Concilio di Nicea difende la fede nella Trinità, rappresentata da un mattone che racchiude in sé fuoco, terra e acqua. A sinistra il martirio del compatrono Santo Stefano.
Sulle stesse pareti della navata centrale affreschi dei dottori della Chiesa: S. Bonaventura, S. Tommaso, S. Bernardo e S. Alfonso; più in alto, ai lati delle vetrate, i Padri della Chiesa: S. Gerolamo, S. Gregorio Magno, S. Ambrogio e S. Agostino.
Nei sei tondi dietro l’altare sono raffigurati i santi Pietro e Paolo, Nicolò, Lorenzo, Eufrasio e il Beato Pagano. Negli altri 34 tondi presenti sulle pareti laterali i santi arcivescovi di Milano con l’eccezione di Ambrogio e Carlo raffigurati nelle vetrate della galleria dietro l’altare. I tondi sono opera di Casimiro Radice (1834-1908) e Giovanni Valtorta (1811-1882). Gli stessi pittori sono gli autori delle dieci scene evangeliche presenti sulle pareti della navata centrale e della controparete del vestibolo. Versetti latini da vangeli e atti degli apostoli ne descrivono i contenuti.
Sulla parete nord: “lasciate che i piccoli vengano a me”, “ti do le chiavi del regno dei cieli”, “a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli”, “Insegnava alle folle dalla barca”, “Ecco il tuo re viene -ingresso in Gerusalemme”.
Sulla parete sud: “Se tu conoscessi il dono di Dio -la samaritana”, “Volete andarvene anche voi?”, “Pasci i miei agnelli – la missione di Pietro”, “Le disse Gesù: Maria! – Apparizione a Maria Maddalena”, “Fu elevato in alto sotto i loro occhi -L’ascensione al cielo”.
Sono ancora da notare il pulpito di legno intagliato che risale a fine XVIII secolo e la Via Crucis in bronzo dello scultore Manfrini collocata nel 1968/69 in sostituzione dei precedenti dipinti ottocenteschi.