Sabato 25 ottobre si è tenuta la celebrazione dei 50 anni delle Porte della Misericordia, dei Papi e dei Santi patroni di Enrico Manfrini.
Un momento che ha visto un momento di approfondimento presso la Casa della Carità con contributi e approfondimenti a cura di diversi oratori.
Per mons. Bortolo Uberti, prevosto di Lecco ”in una chiesa il portale non è un serramento, ma un segno liturgico, un luogo teologico e, in certo modo, segno di Cristo stesso. È passaggio dal quotidiano al sacro e linguaggio di catechesi per la comunità. Oggi ringraziamo chi rese possibile quest’opera e chi l’ha recentemente curata, perché continui a parlare a chi entra, sia per motivi di catechesi che turistici”.
La storica dell’arte Giovanna Virgilio ha spiegato l’opera: ”Le Porte della Misericordia sono una testimonianza ragguardevole di arte e di culto, nate nell’Anno Santo 1975 da un intenso dialogo tra monsignor Enrico Assi e Manfrini. L’artista desiderava rifarsi direttamente ai testi evangelici, più che alla tradizione iconografica, per restituire immagini fortemente evocative”.
L’architetta Luisa Manfrini, nipote dell’artista, ha ricordato Enrico Manfrini: ”Il nonno aveva una grandissima passione per il suo lavoro ed era molto presente. La sua carriera è stata vivacissima, dai portali monumentali fino alla gioielleria e agli oggetti liturgici. Ma a casa era il nonno che faceva la pasta la domenica e cercava i quadrifogli al parco. Mi ha trasmesso il gusto di fare le cose perché piacciono”.
Angela Bonomi Castelli, già direttrice della Galleria d’Arte Sacra dei Contemporanei di Villa Clerici, ha ricordato: ”Manfrini univa grande creatività e umiltà. Non l’ho mai sentito parlare male di un collega: sapeva trovare il positivo negli altri. Amava i dettagli simbolici: nella Via Crucis di Sanremo mi spiegò, con cura e tatto, il significato che rappresentava una piccola lucertola da lui rappresentata, come ricerca della luce e anticipazione della rinascita”.
In rappresentanza del gruppo di restauratori che hanno lavorato alla sistemazione dell’opera, Raffaele Luzzana ha spiegato l’intervento: ”Un restauro fatto bene non deve essere riconoscibile. Intervenire quando le problematiche sono minime evita stress al manufatto. Ogni centimetro ha peculiarità da trattare con ricerca e analisi puntuali: abbiamo ricostruito un doppio strato di protezione, nella tutela di un elemento importante della quotidianità”.
A conclusione degli interventi Maria Grazia Nasazzi, presidente della Fondazione Comunitaria del Lecchese: ”Siamo contenti perché la cultura del dono permette alla comunità di prendersi cura di un bene di tutti. L’arte porta bellezza a ciascuno: bisogna solo aprire occhi e cuore”.
Al termine la benedizione delle porte, momento solenne per l’anniversario di un’opera importante per la comunità.
Foto da leccoonline








