29 settembre 1918
Il Card. Andrea Ferrari benedice e pone la prima pietra dell’edificio su un terreno da poco acquistato da Mons. Luigi Vismara, prevosto di Lecco, con il denaro ricavato da una donazione della signora Domenica De Dionisi ved. Manzoni. Il progetto è affidato all’architetto Piero Palumbo di Siena. Direttore dei lavori è il giovanissimo ingegner Pietro Amigoni.
5 novembre 1932
Il Card. Ildefonso Schuster consacra il Santuario, anche se i lavori non sono ancora del tutto completati. Alla cerimonia è presente Mons. Salvatore Dell’Oro, figura benemerita della carità cittadina e promotore della costruzione del Santuario: l’edificio sarà infatti portato a termine grazie ad una generosa serie di lasciti e offerte di numerosi benefattori sollecitati proprio da lui.
Agosto 1936
II Card. Ildefonso Schuster dispone che dalla Prepositurale di San Nicolò venga trasferita qui l’effigie del dipinto cinquecentesco rappresentante la Vergine delle Grazie, onorata poi con il titolo di Madonna della Vittoria.
1937
La chiesa viene elevata al titolo di “Rettoria” e affidata dal Card. Ildefonso Schuster ai Padri Oblati Vicari che resteranno nel Santuario fino al 1998.
4 novembre 1940
Benedizione del campanile alla presenza del prevosto di Lecco, Mons. Giovanni Borsieri e del Rettore del Santuario, don Pasquale Viganò. Sulla sommità svetta una croce di tre metri che racchiude una reliquia della Croce di Gesù conservata in un cofanetto di rame argentato circondato da quattro liste di pergamena firmate da più di mille cittadini.
4 novembre 1968
Benedizione della campana dei Caduti a 50 anni dal termine del primo terribile conflitto mondiale e in occasione del cinquantesimo anniversario della fondazione del Santuario. La campana, voluta con sottoscrizione cittadina dalla sezione lecchese dell’Associazione Caduti e Dispersi in guerra, fu successivamente donata al Comune di Lecco.
1998
Il Card. Carlo Maria Martini indica il Santuario come chiesa penitenziale. I Padri Oblati lasciano il Santuario dopo 61 anni. La cura pastorale viene affidata nuovamente al clero diocesano.
L’edificio monumentale in granito chiavennasco (scelta in sé evocante il “romanico di pietra” prealpino) è basato sulla voluta alternanza della sobrietà formale e della grandiosità ideativa.
A La facciata a capanna è preceduta da un portico a pilastri e architravati (la più vistosa concessione al gusto razionalista), che connette i tre ingressi con una struttura laterale concepita come battistero: è in effetti giocato sulla pianta ottagonale con tiburio schiacciato (tipo campanile di Santa Maria del Tiglio a Gravedona). L’ingresso è scandito da cinque specchiature, tre delle quali sono aperte dai portali lunettati.
L’ordine inferiore di facciata, come del resto l’ex-battistero e il fianco destro, è campito da fasce scure in alternanza alle chiare, secondo la classica bicromia ben diffusa nel medioevo comasco (da Corenno Plinio alla stessa Gravedona) e terminante con una galleria di archetti ciechi di chiara derivazione romanica. Da notare, per la sua singolarità, l’innesto del nartece nella facciata, costituito da un semitimpano.
L’ordine superiore, dominato da un timpano, è scandito dalla fascia delle monofore e, sopra, da cinque specchiature a nicchia,
la centrale con una monofora affiancata da due mensole.
Le soluzioni angolari sono marcate a doppia fascia, con lo stesso schema delle lesene che si succedono lungo il fianco superiore destro; la bicromia si presenta anche sugli archetti delle monofore.
La controfacciata è dominata da una cantoria sorretta da pilastri poligonali mattonati a vista, secondo lo schema di Santa Maria Maggiore a Lomello e scandita da fregi lineari e pseudolesene sempre in mattoni a vista.
B Le cappelle a pianta semicircolare sono pure a fasce bicrome e terminanti con fregio a mensole.
C Il campanile è certo l’elemento più imponente e di forte impatto urbano. Al termine del fianco destro, ma isolato, il campanile è scandito dai consueti livelli a fasce, ogni lato con tre nicchie cieche ad archetto e monofora centrale. La cella campanaria è singolare, giacché il suo geometrismo pare alludere a forme razionaliste, mentre l’insieme è compatibile con un gusto neomedioevale; ogni lato è scandito da una trifora e il fregio è a dentelli.
D Il fianco sinistro ha invece cappelle dagli esterni grezzi, con basi finestrate in finto bugnato.
E L’interno, ad aula unica, è scandito dalle cappelle monumentalizzate dall’uso di marmi policromi in voluta alternanza con grezzo e col mattonato dell’edificio.
Il presbiterio è piuttosto complesso: due grandi pilastri a doppio livello reggono l’arco trionfale e dividono il presbiterio da due deambulatori, introdotti da una porta ad arco (alla quale corrisponde la monofora della loggia) il cui fianco verso il centro è qualificato da colonne e lesene in marmo nero. L’ordine superiore diviene così un loggiato, la cui volta a botte è in realtà sostegno laterale e congiunto dell’invaso cupolare, scandito da grandi pennacchi basali graduati che corrispondono al celebre modello di San Ciriaco ad Ancona e, per suo tramite, ai modelli bizantini.
La grande nicchia absidale semicircolare fa da sfondo al sistema composto dall’altare maggiore e dal sovrastante ciborio, con colonne di serpentino pavonazzo il cui architrave regge un primo anello a colonnine e un secondo a finestre traforate con motivi cruciformi, che, a sua volta, regge un pinnacolo sormontato dal globo crociato. Se lo schema generale evoca modelli lombardi (Sant’Ambrogio di Milano e l’ancor più vicino San Pietro al Monte sopra Civate), il rimando diretto è a Roma (San Clemente), con citazionismi di dettaglio sorprendenti: bastino le finestre traforate, il cui paradigma è il battistero di Albenga; il pinnacolo già allude a forme gotiche. Abbiamo quindi un caso maturo di eclettismo, medioevaleggiante d’impronta, ma non monocorde nel rimando romanico.
F La doppia cripta, in mattoni a vista, a crociera ribassata, è abile nel fondere un tono vagamente medioevale col rimando diretto alla cripta del duomo rinascimentale di Pavia; l’abside presenta una balaustra di chiaro eco razionalista del portico d’ingresso.
1. CAPPELLA DELLE CONFESSIONI
Compianto del Cristo morto, olio su tela, 1660 ca.
Felice coesistenza di modelli veneti ed emiliani, riletti in un contesto di riferimento a Reni e Cantarini.
2. CAPPELLA MADONNA DELLA VITTORIA
Paletta della Vittoria, olio su tavola, 1530 ca.
La Madonna paidopherousa ostende il Bambino e sotto il suo manto accoglie i fedeli.
Opera di ambito bergamasco, vicino ai Cavagna.
3. CAPPELLA DI SANTA CATERINA
Sposalizio mistico di Santa Caterina d’Alessandria, olio su tela, sec. XVII (inizio).
Sacra conversazione di formato orizzontale, memore del Correggio, con modelli tipici dell’ambito dei Mazzola Bedoli. Interessante sul piano iconografico il melograno offerto da Giuseppe, segno sponsale.
4. Madonna col Bambino e i Santi Francesco d’Assisi, Antonio da Padova, Vincenzo Ferrer, Caterina d’Alessandria (?) e un Angelo, olio su tela, 1730 ca.
Cristo risorto, affresco strappato, sec. XVII (inizio).
5. Altare maggiore, sec. XX. Il complesso comprende l’altare post-conciliare (architetto don Gaetano Banfi, Scuola Beato angelico, 1972 ca) con l’inserto ebraicizzante complettao con i Cherubini allusivi all’Arca Dell’Alleanza quale tipo del tabernacolo; l’altare preconciliare (1935 ca); il ciborio neopaleocristiano; la croce sagomata neomedioevale; l’ambone con la ripresa del modello paleocrostiano che include l’Aquila-leggio e il Tetramorfo con i 4 simboli degli Evangelisti.
6. Madonna col Bambino, San Rocco e San Lorenzo, affresco staccato, 1530 ca.
Madonna col Bambino, Sant’Antonio Abate e San Rocco, affresco staccato, sec. XVI (inizio).
7. CAPPELLA DI SAN SEBASTIANO
Ludovico Pogliaghi,
San Sebastiano, 1935 ca.
Gerolamo Cottica da Premana,
Ciclo dei Profeti,
affreschi staccati, 1690 ca.
8. CAPPELLA DELLA CROCEFISSIONE
Gerolamo Cottica da Premana, Ciclo della Passione, affreschi staccati, 1699-1700 ca. Crocefissione (notare la sfumatura neomedioevale del coro degli angeli dolenti),
Bacio di Giuda, Ultima Cena, Flagellazione, Andata al Calvario
9. CAPPELLA DELLE CONFESSIONI
Cristo incontra la Veronica, olio su tela, 1620-1630.
Splendido dipinto di ascendenza caravaggesca, con spunti da Mattia Preti e molte analogie con l’opera di Nicolas Régnier.
Planimetria del Santuario.
Si notino l’atrio con cappella laterale a pianta centrale, la navata unica con cappelle laterali semicircolari, il presbiterio absidato.
Le quattro cappelle laterali, 1920 ca., hanno struttura eclettico-razionalista in marmi misti, dei primi anni Venti del Novecento, caratterizzata da una voluta severità formale.
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