La prima citazione della Chiesa di S. Calimero, o S. Marta, si trova nel Liber Notitiae attribuito a Goffredo da Bussero, compilato nella seconda metà del secolo XIII. L’elenco delle chiese tra cui appare “…Leuco ecclesia sancti Kalimeri…” mostra già costituito il tessuto urbano di Lecco, individuando il borgo circondato dai villaggi Arlenico, Castello e Pescarenico.
Dallo scavo archeologico in occasione degli interventi di restauro della chiesa di S. Marta (anni ’80 del secolo scorso) sono emersi lunghi tratti di muratura che delineano un edificio preesistente a pianta rettangolare (dimensioni approssimative di 6 mt di larghezza e 14 mt di lunghezza), probabilmente preceduto da un narcete (profondo 4,5 mt) in luogo dell’attuale prima campata della chiesa. Si può attribuire a questo narcete il capitello calcareo, ritrovato e proveniente dall’area dell’antico giardino, elemento riutilizzato quale mortaio o acquasantiera.
La semplicità e la povertà dell’ambiente così ricostruito si ascrive ad una provenienza conventuale duecentesca. La confraternita dei Disciplini o Battuti infatti si stabilisce nel sito nel Duecento, ben prima delle Costituzioni datate 1386, compiendo presumibilmente adattamenti, quali una cantoria sopra la parte anteriore della chiesa, divisa dalla navata con un arco e costruzione settentrionale per il portico terreno, con stanze al primo piano per viandanti ed infermi (sul paramento murario è rivenuta una Imago pietatis affrescata probabilmente del primo ventennio del Quattrocento). La caratterizzazione della chiesa si deve dunque alla Confraternità o Scuola dei Disciplini di S. Marta, che trovò insediamento in S. Calimero, ma ne modificò l’intitolazione che, con la fine del Settecento, venne dedicata a s. Marta in maniera unica e consolidata. La prima data certa è il 25.10.1386 in cui i disciplini principiano la regola che ci è stata tramandata in una copia del 1573. La Visita Pastorale di Gabriele Sforza nel 1455 ricorda soltanto la chiesa di S. Calimero sottoposta al prevosto e senza redditi propri.
Le relazioni di età carolina descrivono la chiesa in una sola navata ampia con volta non decorata, con pareti affrescate con immagini di santi (già sbiadite e consumate nel Cinquecento). Sul fianco sinistro si apriva la cappella del Battista, tutta dipinta, la cappella di S. Maria e S. Antonio, con pareti dipinte d’azzurro. Divisa da una grata era la cappella maggiore, a pianta quadrata coperta con volta a crociera e le immagini dei quattro Evangelisti; nella parete Sud verso la sacrestia, in una finestra quadrata con vetri colorati c’era l’effige di S. Marta. Un piccolo portale, che dalla chiesa immetteva al campanile, è rintracciabile nell’affresco del XVI secolo del Castello di Melegnano. La facciata era composta da una porta maestra, sopra cui era affrescato un Cristo Pantocratore e quattro finestre rettangolari, due basse e due ad illuminare il coro superiore, sorretto internamente da un arco; alla sommità una finestrella circolare. Esternamente, davanti alla chiesa e sul fianco meridionale vi era il cimitero. Tutto il complesso religioso venne appellato nel 1583 con il nome di Rochayolla o Rochayola sito tra le attuali via Bovara e Via Mascari, con la piazzetta nel 1489 chiamata platea de rocayola, e successivamente nel 1691 piazza di S. Calimero.
Nel 1615 il cardinale Federico Borromeo definiva la navata della chiesa di S. Calogero, “Elegans Oratorij huis architecura”. Demolita la parete meridionale, la navata ebbe un ingrandimento su quel lato di circa 1,5 mt ed anche il fronte venne abbattuto in buona parte, con la volta che reggeva il coro. Venne eretta su un robusto cornicione la volta con sei vele coordinata con il presbiterio. Ove era prima la statua del Battista venne posta una statua di S. Carlo ispiratore delle riforme. Sul lato meridionale era ancora la cappella della Concezione e di S. Antonio. Ultima opera fu la costruzione della sacrestia eretta nella posizione attuale.
La realizzazione del grande affresco che decora la volta del presbiterio risale al 1725. Raffigura la Santa patrona, già trasfusa della gloria in un cielo dorato, con la guida, nell’arco, della Fede con il calice, assisa sulla roccia e della Carità fiammata in atto di allattare il putto. Nel 1732 verificate le fondamenta, venne prolungato il basso campanile di circa altri 3,5 mt e successivamente innalzata anche la facciata – portico a tre fornici con colonne e angolarmente pilastroni, in due ordini sovrapposti scanditi da ampi cornicioni con al centro il finestrone mistilineo, che anticipava il coronamento barocchetto, totalmente a vento, offrendo il maggior slancio alla facciata. Dopo la visita del cardinale Pozzobonelli nel 1746, nel 1750 si completava l’ammodernamento dell’oratorio con la formazione di un nuovo altare di marmi policromi e di una nicchia per accogliere la statua lignea di S. Antonio.
L’arciduca Giuseppe II decretava nel 1786 lo scioglimento della Confraternita di S. Marta e contestualmente la vendita all’asta dei suoi beni, solo quelli della cappellania passarono alla Parrocchia. Solo nel 1795, con nuovi compiti, venne ricostituita la Scuola del SS. Sacramento, da secoli eretta nella prepositurale, con nuova sede in S. Calimero. Con legge dell’11 marzo 1798 l’amministrazione pubblica assegnava al Circolo Costituzionale dei Patrioti di Lecco della Repubblica Cisalpina, la chiesa di S. Marta. Il pretore Pietro Colnaghi pensava addirittura di allestire nella chiesa un teatrino, fondendo le campane per ricavarne fondi per i lavori di adeguamento, ma il Direttorio vietava che il ricavato fosse consegnato al pretore e se ne appropriava.
Sciolto il Dipartimento, la chiesa incamerata dal Governo Cisalpino, passava in proprietà a Guglielmo Pagani, il quale meno di un mese dopo la conquista di Lecco da parte degli austro-russi, il 18 maggio 1799 donava l’immobile alla Fabbriceria della Prepositurale di Lecco. Frattanto il Demanio chiedeva di usare la chiesa come quartiere militare, per l’emergenza della guerra, tanto da divenire anche ricovero di cavalli fino al 1816, in occasione della visita dell’imperatore di Austria e re del Lombardo Veneto, una petizione chiedeva l’esenzione della chiesa da alloggi militari, concessione che giunse il 18.05.1816. Con assoluta rapidità, il 28 luglio 1816 si dava corso ai restauri più urgenti, compiuti dall’architetto Giuseppe Bovara. In quell’occasione fu allestito l’altare in stucco con l’opera di Giuseppe Enrico e Giacomo Anghileri, oltre ai rifacimenti decorativi. Nel 1823 è documentata la riparazione del tetto della chiesa, della cantoria con le stanze annesse e imbiancata la chiesa, s’aprivano poi le due nicchie dell’altar maggiore destinate alla statua di S. Marta e a quella di S. Antonio.
L’anno precedente, infatti, forse in previsione dei lavori di ingrandimento della Prepositurale, era stata portata in S. Marta la statua Santa, restaurata dallo stesso Bovara al quale si deve anche una nuova porta realizzata nel 1843 che pare fosse non la maggiore ma quella laterale, di evidenti linee neoclassiche.
Il 28 marzo 1829 il cardinale Carlo Gaetano Gaisruck concede al prevosto do Antonio Mascari la facoltà di creare le stazioni della Via Crucis nell’Oratorio pubblico di S. Marta, mentre nel 1847 le campane furono portate a tre. La Confraternita officiò in S. Marta poco più di cento anni, tornando poi in S. Nicolò. In quell’epoca la festa del Rosario si avviava a diventare la principale celebrazione della città, e la statua antica della Vergine, già alienata, fu posta al centro dell’ancona nel 1871.
Nel 1865, fra le proteste della Fabbriceria, il Comune di Lecco avanzò l’ipotesi di una possibile occupazione della Chiesetta di S. Marta come Ospedale sussidiario per i vaiolosi: il suo destino fu quello di supplire a deficienze pubbliche tant’è che, 33 anni più tardi, il sindaco di Lecco, ing. Giuseppe Ongania, comunicava al Prevosto che l’alloggio di 150 uomini di truppa di passaggio in questo Comune, occorre mettere a disposizione la Chiesa di S. Marta: è il tempo dello stato d’assedio, e dell’arresto di tutti gli esponenti che in qualche modo si oppongono al nuovo Stato liberale, compreso quel don Davide Albertario – grande avversario dell’abate Stoppani – destinato a morire di tisi a Carenno. Nel 1882 la Via Crucis, che era stata autorizzata dall’austriaco cardinale Gaisruck, veniva realizzata il 3 gennaio del 1897 la Fabbriceria concedeva le chiavi della Chiesa di S. Marta ai RR. Padri delle Stimmate perché, conforme alla licenza avuta da mons. Pietro Galli, potessero celebrare la S. Messa e amministrare i sacramenti. Un documento del 1905, a firma di Pietro Toesca, ispettore della Regia Pinacoteca di Brera ed insigne studioso dell’arte medievale, trasferito proprio nel 1905 da Roma a Milano, riporta la descrizione degli oggetti d’arte che si trovano nella Chiesa di S. Marta.
Intorno al 1910 l’uso della Chiesa veniva regolamentato, affinché lo spazio potesse essere chiaramente utilizzato dalla Confraternita del Santissimo, la quale collocava vari suoi arredi nell’edificio, vi si componeva per le congregazioni e proseguiva l’antico uso della festa solenne di S. Marta con la vendita dei michini, in chiesa o sotto il portico d’accesso. Risale forse a quell’epoca la trasformazione della cappelletta laterale, là dove un tempo l’altare di S. Giovanni: vi fu posta una grande statua della Pietà di San Francesco, attorniata da fregi, ceduta poi in tempi recenti ad una chiesa della Valtellina.
Negli anni Venti, l’interesse verso l’edificio fu ulteriormente ravvivato da Uberto Pozzoli, dedicandovi molti articoli, fondamentali per la conoscenza ed il recupero dell’edificio, oltre a notizie sul significato devozionale del luogo e dei riti.
Nel secondo dopoguerra il tempio riacquistava ulteriore visibilità con i primi restauri, realizzati dal lecchese Edoardo Fumagalli oltre ad altri interventi rivolti alla funzionalità dell’edificio. Tra il 1959 e il 1960 vennero messe a punto e poi realizzate, a cura dell’arch. Bruno Bianchi le Indicazioni per il restauro e la conservazione della Chiesa di S. Marta ed al contestuale riordino dell’organismo per adempiere alle moderne esigenze della parrocchia. Fu in quell’occasione installato un impianto di riscaldamento le cui spese, oltre a quelle per il restauro, furono affrontate grazie alle disposizioni testamentarie di Innocente Vismara a favore della Chiesetta di S. Marta.
Agli anni ’80 dello scorso secolo risale un ulteriore importante restauro della chiesa, preceduto da uno scavo archeologico scientifico, che ha consentito di conoscere e ricostruire le dimensioni della primitiva struttura del fabbricato, con l’installazione di un nuovo impianto di riscaldamento radiante al suolo con un nuovo pavimento a piastrelloni di cotto e passatoia centrale in marmo bianco venato di carrara, utilizzato anche per il presbiterio. Sulla parete di sinistra della navata fu riaperta la cappella che fino al 1954 conteneva un bassorilievo in gesso con S. Francesco in estasi davanti al crocifisso. Più anticamente questo spazio, con maggiore profondità, era destinato alla cappella di S. Carlo. La grande nicchia racchiude ora l’antico Crocifisso processionale della Confraternità, affiancata dai suoi ceroforari in legno dipinto e dorato.Sempre sulla parete di sinistra è riapparsa la porta arcuata che dalla navata conduceva alla base del campanile, ora adattata a locale per le confessioni. Quello che nella pianta del 1583 era definito e disegnato come “portico”, poi occupato dai disciplini, ha offerto una delle sorprese più inattese: un affresco quattrocentesco raffigurante un “Ecce Homo”, il Cristo della Passione, che accoglieva i derelitti e i pellegrini, che venivano alloggiati nelle stanze soprastanti. L’architettura dell’altare maggiore, eseguita con intonaco e stucco dipinto a finto marmo, ricoperto di molteplici strati di vernice, venne ricondotta ai suoi colori naturali chiari e luminosi. Anche la pulitura ed il restauro del grande affresco sulla volta del presbiterio ha visto riapparire il cromatismo originario areo e trasparente, in precedenza nascosto sotto una coltre scura di depositi di fumi e di sporco.
Dal 2002 ha preso le mosse un percorso conoscitivo rigoroso teso a verificare sia la consistenza della fabbrica architettonica sia le condizioni di degrado, con particolare riguardo per lo studio del comportamento strutturale, delle superfici architettoniche (interne ed esterne), dei paramenti murari e della copertura. Con l’autorizzazione e la supervisione della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Milano, nel 2011 sono partiti gli interventi progettati e diretti dall’arch. Roberto Spreafico con l’ing. Franco Parolari, affidati alla ditta Colombo Costruzione S.p.A di Lecco che si è avvalsa anche dell’opera della ditta Luzzana Restauri S.r.l di Civate, con lo scopo principale di consolidare le strutture dissestate e recuperare le superfici originarie, individuate attraverso l’asportazione dei materiali non tradizionali ed incompatibili. L’intervento compiuto in soli sette mesi si è posto (e realizzato) i seguenti obiettivi: approfondire e completare la conoscenza storica e fisica del monumento con ulteriori ricerche ed indagini durante la fase di recupero; eseguire rinforzi strutturali generali delle murature e della copertura; rinnovare tutte le superfici intonacate e restaurare i manufatti lignei; restaurare gli affreschi e gli elementi artistici; restaurare gli elementi lapidei naturali ed artificiali presenti; verificare e mettere a norme gli impianti con nuove e moderne dotazioni. L’antica Chiesa di S. Marta, dopo aver rinnovato la sua originale e tradizionale dignità, può essere ancora un punto di riferimento per una comunità ispirata ed accumunata nel Vangelo; comunità che ha l’importante compito di mantenere l’antica chiesa in un saggio piano di conservazione con l’obiettivo di prevenire e preservare a lungo tutti i suoi originali ed antichi manufatti e le sue antiche tradizioni.
Dall’autunno del 2012, S. Marta ospita consorelle della Congregazione S. Francesco Saverio, la cui Casa Madre è a Myamar (Birmania) e il cui carisma è promuovere una spiritualità missionaria nelle famiglie, curare l’adorazione eucaristica, diffondere la fede attraverso la preghiera. Le religiose curano tutte le celebrazioni in Santa Marta e sono attive collaboratrici ecclesiali nella parrocchia di San Nicolò.