«È Pescarenico una terricciola, sulla riva sinistra dell’Adda, o vogliam dire del lago, poco discosto dal ponte: un gruppetto di case, abitate la più parte da pescatori, e addobbate qua e là di tramagli e di reti tese ad asciugare.»
(Alessandro Manzoni, I promessi sposi, cap. 4)
Pescarenico (Pescarenech in dialetto lecchese) è un rione di Lecco, posto sulla riva sinistra dell’Adda, nel tratto compreso fra il termine del ramo lecchese del lago di Como e il piccolo lago di Garlate. Nel secolo XVI costituiva un villaggio ai cui abitanti era concesso il diritto di pesca nel tratto fluviale prospiciente il paese, ricco in fauna ittica. Le barche dei pescatori venivano tirate a secco nell’approdo vicino a piazza Era, che era la piazza del quartiere.
Nel 1576 alla presenza del governatore spagnolo Giovanni Mendoza, cavaliere di Sant’Jago e governatore della piana di Lecco, venne costruito un convento di cappuccini per adempiere ad una loro richiesta di avere un altro convento come alloggio e appoggio per i confratelli provenienti da Bergamo o da Milano che si recavano a Como o Domaso. Secondo gli storici L. Gualtieri di Brenna e Cesare Cantù il governatore in persona «… andò in giro col bacile a raccogliere limosine per quell’edilìzio. E si perpetuò l’usanza che ogni anno le parrocchie del Territorio, alle rogazioni e a san Francesco, venisser processionalmente al convento a far un’offerta, e udire la messa cantata dal prevosto di Lecco; finché uno di questi, che poco se la dicea coi frati, interruppe la consuetudine».
Prima del convento venne eretta, accanto alla chiesetta di San Gregorio, la chiesa conventuale consacrata nel 1600. Tutto il complesso fu dedicato a San Francesco. Nel convento vivevano di solito una dozzina di frati.
Il convento venne danneggiato da un terremoto senza esserne distrutto la notte del 12 giugno 1646, secondo l’elenco dei terremoti storici compilato da Mercalli (1888). Fu spesso devastato dal fuoco, colpito da fulmini … ma ogni volta risistemato e ricostruito dai frati con la collaborazione del popolo di Pescarenico e di Lecco che tanto li apprezzavano.
Dal 1718 il guardiano del convento, il frate a capo della comunità, tenne un diario, la “Cronichetta” in cui venne ricostruita la storia della fondazione del complesso e raccontata la vita del convento: l’organizzazione dello stesso e i compiti dei frati, la cerca, i momenti di preghiera e di pratica religiosa, i rapporti con gli altri conventi e con le chiese di Lecco, i doni ricevuti, i guai incontrati…
Nel 1810 il convento fu soppresso per volere di Napoleone Bonaparte: parte rimase di proprietà della chiesa e l’altra venne venduta a privati e divenne abitazione per diverse famiglie.
Nel 1897 la chiesa con la nuova dedicazione ai Santi Materno e Lucia venne eretta a parrocchia e negli anni immediatamente successivi vennero fatti una serie di lavori di pulizia, venne sistemato il tetto e venne commissionata la decorazione del soffitto.
Il convento e la chiesa furono dichiarati nel 1940 monumento nazionale da Re Vittorio Emanuele III, simultaneamente alla villa del Manzoni nel quartiere Caleotto.
La chiesa venne ulteriormente restaurato nel 1981 e nello stesso periodo fu possibile acquisire quasi la totalità del convento dai privati.
Nel 2015 vennero fatti importanti lavori di ripristino; il restauro ha interessato il bel chiostro interno, quindi il pozzo in parte diroccato e l’accesso alle celle dei frati ancora intatte all’interno dello stabile, tra cui è annoverato il famoso “Loggiato delle noci”, ambientazione del noto episodio dei Promessi Sposi.
Tra i personaggi importanti che frequentarono la parrocchiale figurano Antonio Stoppani e i membri della famiglia Manzoni fra cui lo stesso Alessandro. Tra i documenti del Ducato di Milano, Pescarenico risulta parte del comune di Lecco già dal 1757.
È l’unico luogo di Lecco citato esplicitamente da Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi.
«Il convento era situato al di fuori, e in faccia all’entrata della terra, con di mezzo la strada che da Lecco conduce a Bergamo.» |
(Alessandro Manzoni, I promessi sposi, capitolo IV, 1840) |
Sempre di Pescarenico è il pesciaiolo che porterà ad Agnese e Lucia notizie del loro paese natale, quando queste erano rifugiate a Monza.